Foza, VI  •  19 Aug. 2024, 14:38

Foza, la "regina dell'Altopiano"

Foza è un comune in provincia di Vicenza, a poca distanza dal confine con la provincia di Trento. Attualmente conta circa 700 abitanti e fa parte dell'Altopiano dei Sette Comuni che, fino all'avvento di Napoleone Bonaparte, era una Reggenza, con larga autonomia e privilegi nel contesto della Veneta Serenissima Repubblica. Mario Rigoni Stern era solito definire l’Altopiano come “la Repubblica dei pastori e dei boscaioli”. Anticamente l'idioma più utilizzato a Foza e negli altri comuni dell'Altopiano era il cimbro, una lingua germanica di origine bavarese, di cui rimangono chiare evidenze nei toponimi ed anche in alcune espressioni idiomatiche. In lingua cimbra Foza era conosciuta con il nome "Vüusche". Invece è "Fosa" in veneto, anche se più anticamente il termine "Foda" era frequente, poiché la pronuncia della lettera Z si rifaceva alla pronuncia tipica del cimbro, anche nei termini in veneto e in italiano. Il territorio del comune si estende su una superficie di circa 35 chilometri quadrati ed il centro del paese si trova ad un'altitudine di 1083 mslm. Foza è coronata a nord dalle vette che furono teatro dei conflitti mondiali del Novecento; domina a sud sulla Valle del Brenta, al punto da poter scorgere non solo la pianura veneta ma persino Venezia e la sua laguna, nelle giornate più limpide. Guardando ad est si apre invece la visuale verso il Monte Grappa e le Dolomiti Feltrine, mentre ad ovest si possono osservare i territori di Gallio e Asiago. I monti a nord del paese corrispondono ai luoghi dove furono combattute alcune delle più aspre e sanguinose battaglie della Grande Guerra, dato che all'inizio del XX secolo la linea di confine tra il Regno d'Italia e l'Impero Austro-Ungarico era tracciata proprio all'estremità nord dell'Altopiano. Oltre all'insano spargimento di sangue causato dalla follia della guerra, va rilevato il fenomeno del profugato, che costrinse la popolazione a rifugiarsi in territori lontani dal paese natìo per lunghi periodi, per tornare poi e trovare il paese raso al suolo. Anche la seconda guerra mondiale ha rappresentato un'epoca di grande sofferenza per la popolazione del luogo, con ulteriori eventi caratterizzati da grande crudeltà e insensatezza. Le prime documentazioni che attestano l'esistenza del villaggio (definito allora "Fugia", in latino medievale) risalgono all'XI secolo, epoca in cui l'intero territorio venne donato ai monaci benedettini da parte della famiglia Da Romano. Il legame con il monastero di Campese, appartenente alla diocesi di Padova così come Foza e l'intero Altopiano, durò secoli. Grazie al lavoro dei notai delle varie epoche ed agli archivi tuttora esistenti, sia parrocchiali che statali, è stato possibile ricostruire la storia di Foza e delle sue famiglie lungo i secoli. Oltre ai conflitti bellici, altri eventi hanno condizionato pesantemente la popolazione in tempi relativamente recenti, come l'emigrazione che, nel corso di varie ondate, ha spinto decine e decine di famiglie a stabilirsi altrove, alcune in territorio italiano, soprattutto nelle province venete, lombarde e piemontesi, ma anche in paesi quali Svizzera, Francia, Belgio, Stati Uniti, Brasile, Venezuela, Australia. Il legame con Foza rimane forte in coloro che per forza di cose hanno dovuto andarsene e nei loro discendenti. La più importante occasione di ritrovo delle famiglie emigrate con quelle rimaste in loco è la grande Festa Quinquennale dell'Assunta, istituita a partire dal 1836 come voto, in seguito alla volontà dei "Fodati" di affidarsi alla protezione della Madonna, contro la calamità della peste che imperversava. Tale manifestazione di fede ha assunto un significato sempre più profondo estendendo il suo valore da quello puramente religioso al senso di attaccamento alle radici di famiglia. Nel corso dei secoli l'economia si è basata prevalentemente su attività boschive, attività agricole di coltivazione ed allevamento di ovini e successivamente di altri animali. Nel corso del secolo passato, data la scarsità di impieghi lavorativi e di un reddito certo, per diversi decenni alcune persone si ingegnarono anche nell'attività di recupero di ordigni inesplosi, con lo scopo di disinnescarli per ricavarne metallo da rivendere. Purtroppo si trattava di un'occupazione estremamente pericolosa e che spesso comportò conseguenze tragiche per i "Recuperanti". Anche al giorno d'oggi molte di queste attività legate al mondo forestale ed agricolo continuano ad essere svolte, assieme a nuove fonti di reddito come il turismo, sia invernale che estivo, data la possibilità di praticare numerosi sport o semplicemente di trovare un po' di ristoro dalla frenesia cittadina in un luogo di pace, silenzio ed in totale immersione nella natura, tra monti, boschi, malghe e vallate, oltre ad una parte della piana di Marcesina ed il Monte Fior, con le spettacolari “corone” naturali di roccia. Per le escursioni è consigliabile il supporto di una guida alpina, in grado non solo di condurre attraverso i luoghi ma anche di esporre la narrazione delle vicende storiche. Vanno menzionati, come luoghi da visitare, la chiesa parrocchiale, con alcune opere d'arte di assoluto valore: un' importante tela di Francesco Da Ponte "il Vecchio" raffigurante la Madonna Assunta col Bambino, San Benedetto e San Giovanni Evangelista; il crocifisso in legno di cirmolo, rappresentante il Cristo morente, scolpito, secondo la tradizione, da un soldato tedesco disertore forse al sèguito di Massimiliano d’Austria; l'antica statua lignea della "Madonna Miracolosa", risalente al XV secolo e di origini ancora avvolte nel mistero (si narra sia stata benedetta da San Prosdocimo, primo vescovo di Padova). Da visitare anche la chiesetta di San Rocco, in contrada Gavelle, e quella di San Francesco, sulla sommità della dorsale dalla quale si possono osservare la Valbrenta e la pianura veneta. Anche il Monumento ai Caduti delle due guerre mondiali, posto su una collina ai cui piedi vi è la statua dell’Alpino, costruita utilizzando pezzi di residuati bellici, è luogo di pace e di raccoglimento. Vari altri capitelli e monumenti sono presenti nel territorio comunale, dedicati agli emigranti, ai recuperanti, ai soldati della Brigata Sassari. Altro posto suggestivo è il “Buso dei Sassini”, dove nei secoli XVI-XVII si rifugiavano i fuorilegge “banditi” dalla Repubblica di Venezia. Merita una visita anche il museo etnografico, con particolare attenzione alla "pecora Foza", una peculiare varietà dell'ovino, recentemente riscoperta grazie al recupero del DNA originario. Foza è stata scelta anche da un'importante azienda del ramo alimentare, la "Rigoni di Asiago", come luogo di elaborazione dei propri prodotti biologici, in perfetto connubio con l'ambiente circostante. La memoria di Foza e della sua gente viene mantenuta viva grazie a diverse pubblicazioni di grande importanza storica, edite soprattutto negli ultimi decenni, e alla creazione di un "blog" (https://fozavoltiestorie.com/) che raccoglie foto e vicende del paese. La foto che mostra in primo piano il centro di Foza visto da Monte Badenecche e sullo sfondo Stoccareddo, frazione di Gallio, è gentilmente concessa da Pierluigi Cappellari, autore della medesima