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5 buoni motivi per innamorarsi di Civita Castellana

…con Goethe e Mozart e gli antichi Falisci

Dov'è

Lazio

01033 Civita Castellana VT, Italia (0m s.l.m.)

Indicazioni stradali
map

A metà strada tra Viterbo e Roma, Civita Castellana e i suoi paesaggi incantarono anche Goethe che, in viaggio verso la città eterna, sostò nel borgo nel 1786: «Bellissima la vista del castello: il monte Soratte [...] si erge solitario e pittoresco. Le zone vulcaniche sono molto più basse degli Appennini e solo i corsi d'acqua, scorrendo impetuosi, le hanno incise creando rilievi e dirupi in forme stupendamente plastiche, roccioni a precipizio e un paesaggio tutto discontinuità e fratture». Da allora, nulla (o quasi) è cambiato. Siete pronti?

Il ponte sulla forra

La forza dell’acqua dunque ha forgiato il paesaggio. Immaginiamo Goethe che attraversa la forra sul lungo Ponte Clementino slanciato verso il borgo e si ferma al centro per affacciarsi e guardare con un senso di vertigine verso il Rio Maggiore che, decine di metri più in basso, ha scavato la tenera roccia tufacea nella sua corsa verso il Treja.

ponteIl ponte sulla forra

Tra le vie del borgo

La Cattedrale di Santa Maria Maggiore, cuore religioso della città, ci appare sin da lontano, come apparve a Goethe e ai viaggiatori del Grand Tour, poggiata su una ripida parete tufacea. È un capolavoro del 1200, con una facciata abbellita da un bianco portico molto scenografico e con magnifici pavimenti marmorei all’interno. Sapevate che persino Mozart suonò l’organo di questa chiesa? Era una domenica di luglio del 1770 ma, come ebbe a scrivere suo padre, il freddo di notte era tale da dover mettere la pelliccia! Dalla cattedrale, ci inoltriamo tra le viuzze strette e suggestive per arrivare alla piazza Matteotti che, come in tutti i borghi d’Italia, è il fulcro della vita sociale del paese. Prendiamoci un caffè davanti alla cinquecentesca Fontana dei Draghi e all’elegante palazzo comunale.

Vita da Civitonici

Tutta la comunità di Civita partecipa con grande passione alla festa dei Patroni, i santi Marciano e Giovanni, celebrata sin dalle prime luci dell’alba il 16 settembre. Le reliquie dei santi sono custodite nella Cattedrale e vengono portate in solenne processione la sera del 16. Il piatto tipico della tradizione - da non perdere! - sono i «frittelloni», un classico del carnevale: sono un po’ simili alle crepes, ma sottilissimi, conditi con pecorino e pepe e arrotolati stretti. Gli ingredienti sono poveri - farina, acqua e uova (poche uova) - ma il gusto è strepitoso. E l’arte che da secoli si tramanda è quella ceramica artistica: non perdetevi il piacere di visitare le molte botteghe artigiane e incontrare i maestri ceramisti.

Forte Sangallo

Massiccio e svettante, il Forte Sangallo è «il castello» che colpisce lo sguardo di Goethe, tanto quanto il nostro. Il nome che porta è quello dell’architetto, Antonio Sangallo il Vecchio, che lo progettò alla fine del XV secolo per difendere i confini settentrionali dello Stato Pontificio. Fu anche prigione e dimora di papi e oggi ospita il Museo Archeologico dell’Agro Falisco, che apre uno spiraglio di luce sulla nostra storia più antica. Civita Castellana, infatti, in un passato lontano si chiamava Falerii ed era la capitale delle terre dei Falisci, antico popolo laziale che fu cancellato dalla conquista romana nel 241 a.C.

porta-gioveUna delle due porte che ancora rimangono

Falerii Novi

Che ne fu dei Falisci dopo il 241 a.C.? Per scoprirlo, inforchiamo le nostre bici e ci spingiamo da Civita Castellana verso l’area archeologica di Falerii Novi, a circa 6 km di distanza. «Novi» perché fu costruita dopo il 241 a.C. quando Falerii Veteras venne distrutta dai Romani. E qui, a Falerii Novi, ricomincia la meraviglia: possenti mura difensive, due grandi porte (di Giove e di Bove) e all’interno, tra la vegetazione, strati di storia che dall’Impero Romano arrivano fino alle invasioni barbariche, quando gli abitanti di Falerii Novi abbandonarono la città per tornare ad arroccarsi nella città vecchia. Potremo camminare con gli antichi romani lungo la Via Amerina che da Roma portava verso l’Umbria; potremo riconoscere l’impianto urbano originario recuperato dagli scavi archeologici e non potremo che stupirci davanti alla chiesa romanica di Santa Maria di Falerii (XII secolo).

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