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Meraviglia  }  Fiumi e torrenti

Scano Boa, ultima frontiera del Delta

Gita in barca in un luogo fuori dal tempo che ha ispirato un romanzo e un film neorealista

Dov'è

Veneto

XG3M+59 Porto Tolle RO, Italia (0m s.l.m.)

Indicazioni stradali
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Cos'è e dov'è

Lo dice il vocabolario: uno scanno è quella barra di sabbia che un fiume forma al limite esterno della sua foce; spesso compare dopo un’alluvione, quando cioè la forte corrente di piena trascina con sé molto materiale in sospensione, e può essere che scompaia con la prima mareggiata, smantellato dalle onde, ma alla lunga è nell’ordine delle cose che si consolidi facendo avanzare la linea di costa. Non ci vuole poi molto perché si formi un cordone di dune colonizzate da piante pioniere, che preparano il terreno a piante più strutturate, come tamerici e ginepri, con tutto quel che progressivamente ne consegue in fatto di fauna. Quanto al Delta del Po, tutto il suo fronte esterno è orlato di scanni, frequentati per lo più da uccelli marini e dai naturalisti al loro seguito, ma solo uno, Scano Boa (sic, nella parlata locale), appena fuori dalla foce del Po di Pila, gode di celebrità letteraria e cinematografica.

Perché è speciale

Gli scanni del Delta, così lontani dal mondo, sono disabitati, ma c’è stato un passato non lontano in cui venivano raggiunti per un motivo di eccezionale interesse, la pesca dello storione, sapendo dell’istinto che nella tarda primavera lo spinge a passare dal mare al fiume per deporvi le uova. Lo storione è noto ai più per il prezioso caviale, la conserva di uova che per l’appunto se ne ricava, ma un tempo anche la sua carne era il non plus ultra della cucina di pesce. Basti dire che nella tradizione padana resistono ricette elaborate dai cuochi rinascimentali: in Veneto, per esempio, lo storione in acqua fervente con capperi e uvette. Ecco, dunque, che pescarne uno di grossa taglia – si parla di bestioni di qualche quintale! – poteva essere la fortuna di una stagione intera, o la sua disgrazia se la scommessa finiva male. Una pesca di frontiera, praticata spesso da avventurieri in feroce concorrenza fra loro per calare le reti nei pochi passaggi propizi.

Da non perdere

Sbarcati a Scano Boa, seminascosto tra le tamerici si trova un casone che si vuole abbia assistito all’epopea dei pescatori di storioni: pareti e tetto incannicciati, l’unica parte in muratura è il camino che allunga verso l’alto comignolo. Già il trasbordo da Ca’ Tiepolo allo scanno è stato emozionante, navigando dapprima sul grande fiume, ormai prossimo alla foce, e poi inoltrandosi tra i canneti che si aprono a una sequenza di lagune costiere. Poi c’è la spiaggia, allo stato naturale, e non potrebbe essere altrimenti, tant’è avanzata nel mare, ingombra di tronchi portati dal fiume e imbiancati dal sole. In cielo, voli di bianche rondini di mare, che poi si gettano a capofitto su un pesce. E poi beccacce marine, nella loro livrea nera, il becco colore del corallo, guardinghe signore delle dune battute dal vento.

Un po' di storia

In viaggio con un libro sotto braccio, così si usa dire quando una visita può trarre vantaggio da una lettura che ne riguarda il luogo. Nel caso in oggetto è un libro del 1961 dal titolo lapidario, Scano Boa. Autore, Gian Antonio Cibotto (1925-2017), uno dei giornalisti storici del Gazzettino di Rovigo che amava definirsi scrittore ‘estinto’, proclamandosi cioè estraneo alla società attuale e irresistibilmente attratto dalla sfera della memoria. Tant’è che attorno alla leggendaria figura del pescatore di storioni intrecciò una vicenda ambientata in questo isolotto al confine della realtà. L’incipit la dice tutta: «Avvertenza: è inutile cercare sulla carta geografica le località nominate in questo libro... L’esattezza geografica non è che un’illusione. Il Delta Padano, per esempio, non esiste. Lo stesso dicasi, a maggior ragione, per Scano Boa. Io lo so, ci sono vissuto».

Curiosità

Dal romanzo di Cibotto verrà tratto un film, Scano Boa - Violenza sul fiume, che nei primi anni Sessanta fece una certa notizia. La trasposizione in bianco e nero di Renato Dall’Ara, cineasta in forza al Neorealismo, sfrutta un episodio di cronaca locale – nella stessa barca che trasporta un morto, unico modo per raggiungere il cimitero, una giovane dà alla luce un bambino – innestandola su una trama a fosche tinte che attinge all’epica dello storione nell’estremo Delta. Il cinema, si sa, spesso s’appassiona alle storie di frontiera e il caso di Scano Boa ne offre una di straordinaria intensità in chiave polesana. Scena iniziale al mercato del pesce: un enorme storione viene venduto a duemila lire, cifra favolosa, e il regista si sofferma a lungo sul sensale che sfoglia le banconote nelle mani del fortunato pescatore sotto gli occhi increduli degli astanti...

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Consigliato da
Francesco Soletti

Un luogo fuori dal tempo, da visitare con un romanzo sotto braccio...

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