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Le campane dell’Altopiano

Un concerto in Sib2 che sa di tradizione, storia e comunità

Dov'è

Veneto

P. Carli, 45, 36012 Asiago VI, Italia (1.001m s.l.m.)

Indicazioni stradali
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Il Duomo di Asiago vanta uno dei concerti campanari più ammirati del Veneto e in uno dei suoi romanzi Mario Rigoni Stern ne ripercorre con affetto la travagliata storia.

Il Matìo, la Maria, la Giovanna, il Toni, la Rita e il Modesto

«Le sei campane erano arrivate da Verona il 18 marzo del 1922 da quella stessa fonderia che le aveva fuse la prima volta nel 1820. Senza i batocchi pesavano complessivamente 97 quintali e ci vollero due grossi autocarri per portarle quassù.» Così scrive Mario Rigoni Stern nel suo romanzo Le stagioni di Giacomo a proposito dei sacri bronzi del Duomo di Asiago. Una prova collettiva, l’innalzamento delle campane sul campanile, immortalata da una foto d’epoca, con due squadre di almeno cinquanta uomini sgranati lungo grandi funi. «Il Matìo era la più grande, anzi il più grande, poi veniva la Maria, La Giovanna, il Toni, la Rita e il Modesto. Con il nome di questi santi erano state benedette e così erano chiamate ab antiquo, per nome, come persone della nostra Comunità.» Lo scrittore ricorda la prassi di dedicare le campane a santi oggetto di devozione locale, a partire dal patrono San Matteo, e poi l’abitudine di chiamarle con familiarità, visto che le loro voci avrebbero scandito la vita quotidiana dell’Altopiano.

Ad ognuna il suo compito

Secondo la tradizione venivano suonate così: il Matìo per il fuoco degli incendi, per allontanare i temporali, per chiamare a riunione il consiglio comunale; la Maria per l’Angelus; il Toni da solo per il transitus degli uomini; la Giovanna da sola per il transitus delle donne e le due, insieme, a botti, per i funerali; tutte e sei, a distesa, suonavano nelle feste grandi, per i matrimoni e per la festa dei coscritti… Era questa un’altra diffusa usanza: invocare l’aiuto divino innalzando la voce di una specifica campana, che spesso riportava fusa nel bronzo la formula propiziatoria, per esempio «A fulgure et tempestate libera nos Domine», quando avrebbe dovuto scongiurare la grandine, oppure «Defunctos ploro» se destinata a suonare a morto. Tutte assieme poi le campane suonano a distesa nelle solennità. Un concerto campanario, giustamente famoso. A proposito, per chi ha orecchio musicale, la tonalità del concerto, che oggi conta 8 campane, in scala diatonica Sib2.

01-distruzioneAnno 1919: come gli abitanti di Asiago, profughi per 30 mesi, ritrovarono il Duomo, semidistrutto dai bombardamenti austriaci, come del resto gran parte del centro storico.

Un momento difficile

Luogo della rievocazione di Rigoni Stern è la piazza di Asiago, capoluogo dell’Altopiano detto dei Sette Comuni. Le parole di Rigoni Stern rimandano agli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1916 l’abitato era stato raso al suolo dai bombardamenti austriaci e le campane erano finite in frantumi sotto le macerie del campanile. In soli sei anni il Duomo, dedicata a San Matteo Apostolo, sarebbe stato ricostruito tal quale, la facciata neoclassica nel bel marmo rosa dell’Altopiano, assieme al fronteggiante Palazzo del Comune e ai dignitosi edifici che completano il trapezio della piazza.

02-ricostruzioneA centro della piazza, la fontana del Fauno con la divinità protettrice delle greggi a cavallo di un capriolo, e, lungo il perimetro della vasca, i quattro animali dei boschi: gallo cedrone, volpe, aquila e scoiattolo.

Finita la ricostruzione, la chiesa avrebbe nuovamente accolto quei dipinti che sono la testimonianza del rapporto privilegiato di Asiago con Bassano del Grappa, sulla direttrice commerciale che lega storicamente l’Altopiano a Padova, tanto da esser parte della diocesi patavina. All’altare maggiore, una Madonna in trono col Bambino fra San Matteo e San Giovanni, di Francesco da Ponte il Vecchio (1470 c.-1537), e, alla Cappella del Sacro Cuore, un Sant’Antonio Abate fra i santi Giustina, Lucia, Rocco, Vito, Modesto e Crescenzia, di Francesco da Ponte il Giovane (1549-1592). Nomi di santi, che poi non a caso si ritrovano sulle campane.

Quando cantano in coro

Una delle occasioni più propizie per ascoltare il plenum delle campane è la Fiera di San Matteo, che si svolge in settembre, nel momento in cui il bestiame scende dagli alpeggi montani verso la pianura, segnando così la fine del periodo estivo. Momento di commerci, ma anche d’incontro fra tutte le comunità dell’Altopiano che si davano appuntamento nel capoluogo. Oggi come allora, occasione per girare tra le bancarelle che espongono prodotti tipici, ma anche cose curiose e bizzarre. Oppure, in modo ancor più vicino alla tradizione, le campane suonano a distesa la sera della Grande Rogazione, alla fine della processione propiziatoria per l’annata agricola, che dal XV secolo si svolge il sabato precedente la festa dell’Ascensione toccando varie località dell’Altopiano lungo un percorso di trenta chilometri.

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Francesco Soletti

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